Fotografia. Proiettare l'affetto su una fotografia: Nino nelle 'Lettere dal carcere'

di Vito Stano

La moglie di Antonio Gramsci Julia Schucht e i figli Delio e Giuliano
Novembre è il mese dei morti, così ci dicevano da piccoli. Non più adolescenti scoprivamo che l'undicesimo mese del calendario era un mese fiacco per la ristorazione. Solo poco tempo fa, invece scoprivo che Antonio Gramsci detto Nino il giorno otto del mese di novembre del 1926 venne arrestato e rinchiuso in carcere nonostante fosse un deputato e quindi avesse l'immunità dovuta ai membri del Parlamento. Il 1928 in piena estate fu assegnato al carcere di Turi (in provincia di Bari), cittadina altrimenti nota per la varietà di ciliegia Ferrovia. In questo luogo di detenzione ci restò privato della libertà per molti, troppi anni fino a ritrovarsi fiaccato nella salute da sempre precaria. Dopo undici anni di confino e prigione morì in epoca fascista ma il suo pensiero non si arrestò, come aveva sentenziato il giudice che lo condannò. 


Nelle 'Lettere dal carcere' nell'edizione Einaudi, curata da Paolo Spriano, che ho letto qualche settimana fa, ho scoperto le pene subite con grande dignità da quel piccolo grande uomo che dalla Sardegna ha conquistato con il suo pensiero vaste aree della sfera intellettuale mondiale. Una delle cose che mi ha incuriosito di più è stata l'attenzione che Antonio Gramsci avesse per la fotografia: chiedeva per lettera ai suoi interlocutori di inviargli fotografie, utili per rinverdire la memoria e immaginare il presente. Invitava specialmente la moglie e la cognata a spedirgli insieme con le lettere le fotografie dei figli, riflettendo spesso sul fatto che li vedeva crescere in fotografia allo stesso modo di come un mio coetaneo del Senegal, che il caso ha voluto che conoscessi circa un anno fa, mi diceva che suo figlio di nove anni lo aveva visto crescere nel telefono. Gramsci rimirava fotografie stampate su carta fotografica, per il mio conoscente senegalese invece il suo referente era (e probabilmente continua a essere) lo schermo dello smartphone l'unico referente possibile. Spazio temporale che valuti, referente che trovi.

Quindi novembre era e rimarrà sempre il mese dei morti, almeno per chi la storia non vuol dimenticarla. E visto che ultimamente mi è capitata la fortuna di saggiare il livello culturale di un po' di ragazzi non più adolescenti e restare stupefatto dei loro «non so, chi è?», ho deciso che il tempo libero (ormai da mesi in realtà) lo dedico a leggere per saziare i vuoti, in modo da non permettere all'aria fritta di accomodarsi nell'anticamera del mio cervello. E a questo proposito qualche settimana fa mi sono regalato (con carta da regalo e fiocchetto in piena regola) il secondo libro di Antonio Scurati 'M L'uomo della provvidenza', edito da Bompiani, e proprio non so perché stasera mi è tornato alla mente che devo scartarlo, per saziare l'anima (storica) che mi pervade e il resto venga da sè, come cantavano i Sud Sound System. 

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