Arte murale per le strade d'Italia: immagini rinsaldano memoria (e potere)

 di Vito Stano


Occupandomi di fotografia da molti anni e studiando per formare promettenti fotografi, non manco mai di parlare di quanto la fotografia abbia contribuito a saldare la memoria della persone defunte. Prim'ancora che con le fotografie-ricordo, per intenderci quelle che si distribuiscono abitualmente dopo la funzione religiosa ad un mese dalla morte (la pagellina), molti anni fa -a cavallo tra '800 e '900- i rampanti fotografi promuovevano (e rispondevano ad un'esigenza privata) la fotografia ricordo, che a quell'epoca era una fotografia post-mortem.

Già, si scattavano fotografie dopo l'evento luttuoso. Scandalizzerà qualcuno, ne sono certo, ma a quei tempi avere una immagine fotografica che ritraesse un figlio morto prematuro significava tanto. Di certo non possiamo immaginare che valore poteva avere per i contemporanei dell'epoca, ma siamo convinti che per alcuni nostri contemporanei ricordare sia altrettanto importante, al punto da realizzare dei murali sulla pubblica via. Un caso di scuola è quanto si può leggere sul sito del Ministero dell'Interno: la notizia racconta della rimozione di un dipinto murale raffigurante un uomo pregiudicato ucciso nel giugno del 2012 a colpi d'arma da fuoco. Il fatto è avvenuto in provincia di Napoli, ma ce ne sono stati, non troppo tempo fa, dei casi simili anche a Bari. 

Ebbene il fenomeno non è nuovo e non finirà con noi. Vogliamo ricordare e facciamo di tutto per evitare che i nostri ricordi si sbiadiscano con il passare del tempo. Per questo c'è chi disegna, chi realizza(va) fotografie e chi compone canzoni dedicate alle persone amate. 

L'unica differenza tra queste modalità è non oltrepassare il confine della legge comune, non solo per evitare la censura pubblica e istituzionale, ma anche per non sfociare nell'elogio del potere criminale. Cosa per altro che accomunerebbe queste esperienze nostrane con le più esotiche, crude e senzazionalistiche esperienze dei cartelli messicani

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